venerdì 18 settembre 2015

L'opinionista juventino


Ho trovato, nei miei appunti, un articolo scritto quasi due anni fa e, rileggendolo, non mi sono stupito della sua sempreverde attualità. Un abito buono per tutte le stagioni.
Non ricordo perché non è mai stato pubblicato, non ha importanza. Lo faccio adesso, perché cambiando i nomi dei protagonisti (per alcuni non c'è nemmeno bisogno) potrebbe riguardare i giorni d'oggi e pure quelli di domani, ne sono certo. Era il tempo in cui Biscardi aveva subito la metamorfosi e si era ritrovato Varriale.
Buona lettura.

La curiosità umana, in certi frangenti, genera una brutta forma di masochismo. Ed è quello che mi è capitato lunedì sera quando, tra l'annoiato e l'impiccione, ho pigiato sul telecomando per sintonizzarmi su Raisport1 ed andare a scoprire in che modo Enrico Varriale ha rifatto il verso alla storica trasmissione del Biscardi nazionale con il suo Processo del lunedì.
Ho resistito pochi minuti, ve l'anticipo; non sopporto le accozzaglie di pareri che si accavallano uno sull'altro senza che si capisca nulla di ciò che si sta dicendo. E' talmente lapalissiano come concetto che non riesco a capacitarmi di come si possa ancora concepire un programma televisivo impostato con finanche 10 persone (quelle che ho contato in quei pochi minuti) a voler dire la propria opinione contemporaneamente. La "nuova" trasmissione sportiva di mamma Rai, infatti, è solo un pretesto per tornare su un argomento a noi tanto caro, quello dei mezzi di comunicazione e dell'importanza di avere una informazione corretta e il meno possibile "tifosa".
Vi racconto, pertanto, l'ennesimo smacco riportato dall'opinionista considerato vicino agli ambienti bianconeri. Una premessa: il fatto di avere la necessità di chiamare a raccolta quante più opinioni diversificate possibili per dare l'impressione di aver confezionato un prodotto esaustivo ed obiettivo è quanto di più triste si possa immaginare per un giornalista. Commentare una notizia o un evento, per di più sportivo, è diventato esercizio difficilissimo per chiunque e la pratica del politically correct ha rovinato quella che anticamente era l'arte della retorica. Guai a non garantire il contraddittorio e la famigerata par condicio, cavalli di battaglia di chi pensa a nascondersi dietro le opinioni pur di non argomentare sui fatti.
Torniamo dunque al Processo. L'oggetto del dibattito era la notizia della squalifica per 3 giornate di Balotelli a seguito degli insulti e delle minacce proferite all'arbitro dal calciatore che ha pure la faccia tosta di chiedersi "Why always me". Allo stesso modo di quello che abbiamo letto in questi giorni, anche in quello studio c'era chi considerava la punizione giusta e sacrosanta e chi, di contrasto, cercava di porre delle attenuanti o, peggio, delle giustificazioni al comportamento del tanto discusso Mario. Arrivava, così, il turno di Sergio Brio, l'ex calciatore juventino che calca da anni le scene di questi tristi spettacoli di varietà in qualità, appunto, di "avvocato difensore" della casua bianconera. Il nostro buon Sergio non trovava di meglio che uscirsene con la più classica delle paternali, quella che qualsiasi adolescente ha sentito pronunciare da genitori e parentame vario dopo una ragazzata o per qualche tipica controversia generazionale: "Ai miei tempi era diverso!" Nel caso specifico, Brio esclamava con sicumera: "Quando giocavo io c'era più rispetto per gli arbitri", prestando il fianco ad una facilissima quanto crudele obiezione, puntualmente arrivata. Ebbene si, può succedere che la memoria faccia brutti scherzi o che la nostalgia per ciò che è stato tenda a mitizzare il passato oscurandone i momenti che vorremmo non fossero mai accaduti. Non capita forse ad ognuno di noi quando ricordiamo un campione o un beniamino del passato? Chi si ricorda delle partite in cui David Trezeguet sembrava non essere proprio sceso in campo o le memorabili assenze di Roberto Baggio?
Solo che né Trezeguet né Baggio hanno scelto, per ora, di fare i commentatori in tv, Brio si. E la sua sparata nostalgica non è passata indenne dalle forche caudine, l'altra sera rappresentate dal sornione Marino Bartoletti: "Ma cosa dice, Brio? Ha forse dimenticato quella volta in cui tutti voi juventini rincorreste l'arbitro fin negli spogliatoi?"
Grasse risate in studio, figuraccia juventina completa.
Lungi da me il voler rappresentare questo banale incidente diplomatico come il peggiore dei mali che assilla il calcio italiano ed il giornalismo che lo racconta. È solo l'ultimo di tanti momenti in cui mi chiedo come sia possibile che la "Real Casa" torinese lasci a ingenui quanto estemporanei personaggi una parte fondamentale del lavoro come quello alla voce "relazioni esterne e comunicazione". Cerco di essere più chiaro allargando la visione d'insieme, altrimenti il mio potrebbe sembrare un attacco personale a Sergio Brio e questo è l'ultimo dei miei intenti, in questa sede.
Nonostante ripetute sollecitazioni sull'argomento, anche da questa redazione, continua imperterrita la pioggia di falsità sulla storia bianconera più o meno recente senza che qualcuno dai piani alti faccia anche solo uno sbuffo nella direzione da cui sopraggiunge la calamità. Parafrasando un antico proverbio, qualsiasi "pulce" che, con un colpo di tosse, si mette a "scatarrare" sulla Juve, trova sempre un megafono pronto ad amplificarne la portata mediatica con la quasi certezza di non essere né contraddetto né corretto, figuriamoci querelato (quando, in certe occasioni, sarebbe anche il caso) dalla società di Corso Galileo Ferraris.
Lo scudetto del '98; le sempreverdi accuse di doping, questa volta giunte dall'Olanda e dalla Germania; la testata giornalistia Euronews che associa la Juventus alle vicende del calcioscommesse; le numerose moviole confezionate ad arte per nascondere certi errori ed amplificarne altri (ricordate la mistificazione del CorSport sulla Supercoppa 2012? E "il più grande scandalo della storia del calcio", by Pulvirenti?); le invenzioni sui presunti casi di calciatori insoddisfatti, ultimo il "solo bello" Llorente; la Gazzetta dello Sport e il CorSera che, per celebrare lo splendore della presidenza Moratti (scusate l'ossimoro) riesumano quelli che ormai sono solo dei luoghi comuni su Calciopoli senza nessun riscontro oggettivo, oscurando piuttosto le accuse di illecito sportivo e tutto il resto riguardante il succitato mecenate i quali, senza le "disattenzioni" della procura di Napoli e il conseguente sopravvento della prescrizione, avrebbero contribuito ad un esito certamente diverso della farsa di 7 anni fa.
Tutto questo avviene in un ambiente, quello dell'informazione, in cui a difendere la parte juventina si trova spesso un soggetto non competente o non adeguato (anche semplicemente dal punto di vista della dialettica) oppure non ci sia proprio nessuno.
Ora, io non pretendo che Andrea Agnelli provveda a coprire con un dirigente o un addetto stampa tutte le trasmissioni sportive dell'intero etere nazionale, figuriamoci "Il processo del lunedì". E non pretendo nemmeno che si risponda a tutte le scempiaggini che passano sotto i nostri occhi alla media di almeno una al giorno, tipo quella del senatore Gentile che denunciava giustamente, in merito agli insulti razzisti verso la città di Napoli, lo strapotere torino(!!!)-milanese nelle istituzioni del calcio.
Sarebbe impossibile e senza senso. Ma fare l'esatto opposto, ovvero lasciare che il solito sentimento popolare (do you remember?) continui ad albergare nelle menti dei tifosi, mi pare un atteggiamento autolesionista.
E voglio specificare che qui non si tratta di difendere l'onore o l'attaccamento ai colori o il prestigio della società. Il calcio non è più uno sport che può permettersi certe nostalgie. No, qui c'è in gioco un aspetto molto più importante del pallone e cioè la sua credibiità. È tutto il movimento calcistico che ha bisogno di credibilità prima che i tifosi, che sono pur sempre il brand principale di questa industria, se ne disamorino in maniera irreparabile. E la FC Juventus ha, nei nostri confronti, il dovere di intervenire e, nei confronti dell'informazione, il diritto di pretendere correttezza e verità.
Tra poco meno di un mese ci sarà l'annuale Assemblea degli azionisti; sarebbe interessante rilanciare l'idea del canale tematico gratuito e capire se l'idea ha fatto breccia nelle menti della proprietà o se, per loro, "va tutto bene, Madama la Marchesa"

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Volevo scrivere senza il permesso della mamma.

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